150 anni e non sentirli, buon compleanno Weizen!

Chiamala Weiss o Weizen, poco cambia; rimane sempre la regina dell'estate. Questa birra chiara, poco alcolica, dolce e cremosa, giunta la bella stagione, sa conquistare tutti, non solo i beer-lover.

Simone Massenza
Simone Massenza
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Chiamala Weiss o Weizen, poco cambia; rimane sempre la regina dell’estate.

Questa birra chiara, poco alcolica, dolce e cremosa, giunta la bella stagione, sa conquistare tutti, non solo i beer-lover.

Grazie alla facilità di beva, all’essere rinfrescante e dissetante, ed alla sua spumeggiante carbonazione, viene eletta, ogni anno, non solo in Baviera dove è nata, fra i summer best-seller.

Il nome ci racconta già tanto di lei; Weizenbier o Weißbier, letteralmente “Birra di Frumento (in compagnia di Blanche, Gose e Grodziskie) o Birra Bianca (non per il colore lattiginoso che la contraddistingue, ma per quello del grano).

Si perché, a differenza della maggior parte degli Stili, non viene prodotta solo con malto d’orzo, ma con l’impiego di almeno il 50% di frumento maltato, che può spingersi fino al 70%.

L’EDITTO DI PUREZZA…È UNA C*****A PAZZESCA!

È un prodotto antico, come tutte i pochi survivor in Alta Fermentazione in Germania, patria assoluta, a partire dal XV sec., delle “Basse”.

Delle proto-Weizen, cioè birre di frumento, esistevano già nel 1410 ad Amburgo, copiate poi da mastri birrai di Berlino (le arcinote Berliner Weisse, segna: da provare!), Hannover, Vienna e della Boemia, ma è solo in Baviera che si formano come vero e proprio Stile.

Ma in Germania (mi dirai tu)… non c’era il famoso Reinheitsgebot, alias Editto di Purezza? …che, fra le altre cose, imponeva l’utilizzo solo d’orzo nella fabbricazione della birra?

 birra = acqua + orzo + luppolo

Come possono essere sopravvissute, e giunto sane e salve fino a noi?

Il fantomatico editto di Ingolstadt, del 1516, del Duca Guglielmo IV dei Wittelsbach, citato quasi sempre male e/o a sproposito, impone effettivamente, prima al Ducato, poi alla Germania tutta, l’utilizzo esclusivo di questo cereale nella produzione brassicola, condannando all’estinzione numerosissimi Stili birrari storici del Paese. Ma con qualche “se”…

Sì, perché erano previste speciali licenze, per alcuni Stili incriminati, per nobili o clero (noblesse oblige), fra cui, appunto quella della nostra Weizen. Il nostro Wilhelm concede, contemporaneamente all’editto, un unicum, per tutta la Baviera.

Affida il monopolio di sfruttamento commerciale alla famiglia dei Degenberg (che ci fa un sacco di talleri d’argento), già Ministeriali dei Conti di Bogen, assieme al Titolo di Baroni, al fine di suggellare la loro fedeltà ed alleanza, salvando, involontariamente, il nostro panda-brassicolo (e senza disturbare il WWF).

La fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo, e meno di cent’anni dopo, nel 1602, i nostri rimangono senza eredi maschi per il neo-casato, indispensabili per la successione secondo i rigidi dettami del Geschlossener Hof, cioè la Legge del Maso Chiuso (insomma… il primo figlio maschio piglia tutto!).

Erano altri tempi, dove la parità di genere manco esisteva nell’anticamera del cervello, ed il nuovo Duca di Baviera, Massimiliano I il Grande, coglie la palla al balzo ed avoca a sé terre, castello e diritti dei fu-Degenberg. Game over.

La Weizen torna quindi nella Capitale, e continua ad essere prodotta, e venduta, in un nuova birreria, costruita ad hoc, in pieno Centro, dai Wittelsbach, dal nome evocativo:  Weisses Bräuhaus (birrificio delle Weizen).

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GENESI DI UN MITO

Ma anche il mondo delle birre, da sempre, soffre delle mode, ed il dilagare, nell’Ottocento, degli Stili Lager in Germania, come nel resto del mondo, in primis le München  Dunkel, fa perdere smalto alla Weiß.

Le Alte fermentazioni in Baviera, nel decennio 1860-1870, passano dal 68% al 2% del mercato, rendendo privo di senso (e di entrate) il mantenimento di un monopolio per la Casa reale. Così, nel 1872, il Duca Luduvico II (sì, proprio lui, il “Re Pazzo”, quello del castello della Disney, più attratto da cortigiani e stallieri che a salvare lo Stato dalla bancarotta) concede in affitto il neo-birrificio, e la ricetta, al mastro Georg Schneider, che pochi anni più tardi li riscatta, assieme al figlio (Georg II…), fondando la Weissbierbrauerei G. Schneider & Sohn, o semplicemente Schneider.

Non so dirti se il nostro Steve Jobs delle algide graminacee (e tutta la stirpe a venire) sia più matto, testardo o sognatore ad incaponirsi con una birra ormai impopolare.

Fatto sta che gli Schneider devono attendere un secolo, fino agli anni ’60 del Novecento, passando per la distruzione del birrificio sotto i bombardamenti del ’44, continuando stoicamente a produrre solo birra bianca, prima che la Weizen torni di moda, fino a diventare indiscusso simbolo bavarese. Il tempo è galantuomo”, come ci ha insegnato Voltaire, e la perseveranza viene premiata, tanto da plasmare lo stile odierno delle Weiß, riconosciuto anche nel BJCP (alias la Bibbia del Beer-Taster), proprio sulla primogenita birra bianca di Georg, che diventa la Number One Dime di Zio Paperone.

IDENTIKIT DELLA WEIZEN

Ma come deve essere una perfetta Weizen?

Questa birra dal carattere #Generoso (e se ancora non sai di cosa parlo, corri a fare il Test del Gusto! Credo tu sia rimasto il solo…), deve essere chiara, fra il paglierino ed il dorato, dalla schiuma pannosa e persistente, e dalla frizzantezza decisa, con un aroma caratteristico di banana (croce e delizia), banana e… ho già detto banana?

Note di chiodi di garofano, vaniglia ed un accento di gomma da masticare (proprio la Big Babol vintage rosa di Daniela Goggi).

Amaro? Non pervenuto. E sono proprio queste caratteristiche, banana ed assenza di amaro, a renderla la birra più bullizzata dai beer-geek di tutto il Pianeta.

In realtà, seguendo le orme degli Schneider, giunti oggi, per la cronaca, a Georg VI (ah…la rinomata fantasia germanica!), ogni birrificio bavarese, a partire dalle “Sei Sorelle” dell’Oktoberfest, ha reintrodotto questo Stile nel suo core-range, o addirittura qualcuno, come Benedektiner, Erdinger o Franziskaner, produce esclusivamente Weizen, e sono assolutamente da provare.

Non fare il pecorone! Anche nel mondo craft, Italia compresa, troviamo delle referenze di tutto rispetto: dalla Hefe Weizen del San Gabriel, alla Domm del Lambrate, passando per la Beat Weizen Generation del Birrificio Indipendente Elav.

Attento però, dopo 150 anni non basta più dire Weizen… si sono creati Stili e Sotto-Stili per soddisfare tutti i gusti.

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DOVE BERE LE MIGLIORI WEIZEN A MONACO DI BAVIERA

Paura di smarrirti e sbagliare ordinazione?

Tranquillo, non preoccuparti, non ti abbandono. Sono qui apposta, novello Virgilio, per prenderti per mano e per spiegarteli!

Innanzitutto lo spartiacque cardine è fra Hefeweizen (weizen con lievito), le più famose, torbide e tradizionali, e Kristallweizen (weizen cristalline), limpide e brillanti. Poi, prima di ordinare la tua birra, ricorda:

  • Dunkelweizen (weizen scura, più chiara di una schwarze)
  • Schwarzeweizen (weizen nera, più scura di una dunkel)
  • Weizenbock (weizen in stile bock, forte +)
  • Weizendoppelbock (weizen in stile doppelbock, molto forte ++)
  • Weizeneisbock (weizen in stile eisbock, per veri uomini duri +++)
  • Rauchweizen (weizen affumicata)

Potresti trovare nel menù anche Weizenstark (weizen forte) o Leichtesweizen (weizen leggera), tradizionali termini generici di classificazione, tipicamente alemanni, per qualsiasi Weiß dal tenore alcolico maggiore di 6.5% ABV o minore di 4.3% ABV.

Sulle Weizen-alcoholfrei mi rifiuto di parlartene. E visto che è estate e che Monaco di Baviera dista solo 2 ore d’auto dall’Italia (1 ora in aereo da Milano o da Venezia)… perchè non festeggiare l’anniversario dove tutto è nato?

Un’occasione perfetta per visitare una splendida città (Ich liebe München!) e fare tappa di weizen in weizen?

Sì, perchè in Centro, fra un bretzel in Marienplatz e l’imperdibile visita al Deutsches Museum, i principali brand brassicoli possiedono la loro birreria, oltre ai biergarten ormai abbondantemente aperti (come ti ho già raccontato), tutti raggiungibile a piedi o in Metro.

Fa attenzione però, qualcuno, considerati i consumi di birra e l’affluenza di turisti, ne ha più d’una e vale la pena dirigersi (fidati di me che li ho girati tutti) verso le sedi storiche come Hofbräuhaus am Platzl, Augustiner Stammhaus, Paulaner Bräuhaus, Ayinger am Platzl, Der Pschorr (o, a scelta, Hackerhaus, una volta Hacker & Pschorr erano  due birrifici distinti, e rimangono le birrerie storiche separate), Andechser am Dom, Spatenhaus an der Oper, Löwenbräukeller, Gasthaus zum Erdinger Weißbräu o  Zum Franziskaner.

Luoghi, anche se un po’ chiassosi, ricchi di fascino, tradizione e storia: tavoloni di legno, coccarde e ghirlande e le caratteristiche cameriere in Dirndl, a cui ordinare, oltre alla birra, piatti della cucina bavarese, dal Schweinshaxe in Biersoße (il famoso stinco di maiale alla birra), allo Schweinebraten mit spätzle (arrosto di maiale alla bavarese).

Oltre ai colossi, sempre in Centro, solo per veri beer-nerd, potrai trovare piccoli birrifici tradizionali indipendenti, come Forschungs, Isartaler o Tegernseer o realtà giovani e craft come Schiller Bräu, Giesinger, Higgins Ale Works, BrewsLi o True Brew.

WEISSES BRÄUHAUS, OVVERO DOVE TUTTO È INIZIATO

E, dulcis in fundo, la Schneider Bräuhaus Im Tal (sì, proprio lei, l’ex-Weisses Bräuhaus del Duca!), dove tutto ha avuto inizio 150 anni fa.

Ad aspettarti, in una splendida cornice, dalle 8.00 alle 24.00, 7 su 7, ben 11 Weizen differenti. Un ultimo consiglio? Beh, in questi 30 lustri Schneider non ha prodotto solo Weizen in stile “old school”, ma è stato anche un grande innovatore, inserendo limited edition e Weiß luppolate.

Tre le etichette unmisable e fuori dal coro, disponibili quest’anno: la Nelson Sauvin, prodotta con l’omonimo luppolo neozelandese (fiori, agrumi, uva, mango e lychee), la Love Beer (fiori, agrumi, sambuco, Sauvignon Blanc), ed infine la Festweisse, l’antica ricetta di famiglia, con luppolo Cascade (pompelmo, fiori e spezie), inventata per lOktoberfest del 1880 e servita solo fino al 1895, prima che le prepotenti “Sei Sorelle” ne presero il monopolio.

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Se poi sei libero il weekend del 22-23-24 luglio, ed hai voglia di fare un centinaio di kilometri verso nord, fino a Kelheim, fondata nel 1927 e dal 1944 sede principale degli Schneider, preparati ad una tre-giorni di musica, birra e spettacoli, direttamente presso il birrificio, per festeggiare il loro centocinquantenario.

Buon Compleanno Weizen, centocinquanta di questi giorni!

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