India: produttore di tè-Parte 2
Siete curiosi di conoscere le altre zone di questo affascinante angolo di mondo che dominano il panorama internazionale del tè?

Ci eravamo lasciati nello scorso articolo proprio sul più bello e, come promesso, eccomi qui per proseguire con voi il viaggio alla scoperta delle principali zone di produzione di tè in India.
Nella prima parte dell’articolo abbiamo fatto un passo indietro di circa due secoli per approfondire la diffusione della coltivazione della Camellia Sinensis e abbiamo conosciuto il Darjeeling, considerato lo Champagne del tè indiano. Siete curiosi di conoscere le altre zone di questo affascinante angolo di mondo che dominano il panorama internazionale del tè?
ASSAM
Storia e sapore dei tè della più vasta regione di produzione indiana.
Il nome Assam deriva dalla tribù Ahom che invase la valle del Brahmaputra nel XIII secolo ma è anche plausibile che sia stato il paesaggio delle pianure basse e ampie a ispirare la denominazione di questa regione perché, nella lingua nativa, la parola Ha-com significa “basso” o “terra piatta e pianeggiante”. Queste vaste pianure alluvionali, che si sviluppano lungo entrambe le rive del fiume Brahmaputra, un clima caldo e molto umido, unito a forti rovesci di pioggia, hanno reso oggi l’Assam la seconda regione produttrice di tè al mondo dopo la Cina. Nella precedente parte dell’articolo, abbiamo già visto come, nella prima metà del 1800, la dimostrazione che in questa terra fosse possibile produrre il tè provocò un’istantanea euforia da parte degli investitori britannici.
La Compagnia delle Indie Orientali affidò i propri giardini sperimentali a società private. La prima di queste, la Assam Company, fu inaugurata il 12 febbraio 1839 e i direttori assunsero immediatamente Charles Bruce come sovrintendente della divisione settentrionale delle piantagioni di tè della compagnia e impiegarono lavoratori assamesi e cinesi per disboscare la giungla e costruire capanne e magazzini.
Ed è proprio in questo momento storico, che avvenne una delle più grandi imprese di spionaggio “industriale”. Gli investitori si resero conto fin da subito che erano necessari più semi per sviluppare una produzione su larga scala. Fu così che nel 1847 Robert Fortune fu assunto dalla Horticultural Society per recarsi in Cina a sottrarre semi e giovani piantine della Camellia Sinensis. Si travestì con abiti cinesi, imparò il mandarino, raccolse circa 13.000 semi di tè e reclutò lavoratori cinesi per insegnare agli inglesi come produrre il tè in India.
Man mano che l’importanza del tè dell’Assam cresceva, sempre più terra veniva destinata alla coltivazione e, già nel 1862, esistevano circa 160 piantagioni produttive. Nel 1881 fu fondata l’Indian Tea Association e la prima asta di tè indiano ebbe luogo a Calcutta.
I tè coltivati in Assam non sono considerati gli “Champagne” indiani, come i Darjeeling, ma si meritano senza dubbio una certa attenzione.
Oltre ad essere, per il loro corpo deciso e le intense note maltate, i “breakfast teas” per eccellenza, sono stati fondamentali per dare l’impulso iniziale al miglioramento dei metodi produttivi legati allo sviluppo di nuovi e performanti macchinari che ancora oggi permettono di ottenere grandi volumi di tè destinati al mercato domestico e internazionale. Tra questi, solo per citarne alcuni, le rolling machines o gli speciali cutters CTC (Crush, Tear, and Curl), che hanno rivoluzionato il mercato del tè in bustina.
Negli anni ’30, l’introduzione della bustina di tè in fibra di carta termosaldata negli Stati Uniti e la produzione in serie hanno cambiato totalmente il modo in cui il tè veniva prodotto, miscelato, confezionato e preparato. L’idea della bustina di tè era quella di offrire al pubblico un’alternativa conveniente e veloce al tè sfuso, e il macchinario inventato per confezionare le bustine richiedeva foglie spezzettate di dimensioni ridotte. Poiché la domanda di bustine di tè continuava a crescere in tutto il mondo, l’industria non riusciva più a tenere il passo. Da qui nacque l’idea di realizzare e inserire nel processo produttivo questi speciali rulli CTC capaci di ridurre in piccole particelle le foglie appena raccolte.
Ai nostri giorni, la maggior parte delle fabbriche dell’Assam è in grado di produrre sia tè orthodox (a foglia intera) sia CTC e di passare da una lavorazione all’altra a seconda delle variazioni della domanda di mercato.
In seguito all’aumento della richiesta di tè verde, in India e in tutto il mondo, alcune aziende hanno iniziato a produrli sia nella versione orthodox sia CTC, così come gli eleganti tè bianchi Silver Tips. Ma questi restano ancora prodotti di nicchia, rispetto ai tè neri ossidati che sono diventati nei secoli i tè forti da colazione per eccellenza.
Cosa possiamo aspettarci in tazza mettendo in infusione un tè Assam? Le versioni a foglia intera con elevate percentuali di golden tips (le gemme dorate accuratamente selezionate) ci regalano tè raffinati e morbidi, con delicate e dolci note mielate e maltate.
Le pezzature CTC, invece, sia in purezza sia miscelate (con tè provenienti da diversi giardini della stessa zona o da altre regioni indiane così come con tè prodotti in altri Paesi), sono i classici tè robusti da colazione con un liquore ambrato scuro, ideali come alternativa al caffè, molto energizzanti, con note di malto, miele, legno resinoso, tabacco, spezie dolci. Per la loro lieve amarezza, è consigliato consumarli con un’aggiunta di latte, zucchero o miele.
Tra i miei giardini preferiti, vi consiglio Mokalbari e Hattialli.
SIKKIM
Un segreto ben custodito nel cuore dell’Himalaya.
Il Sikkim è un minuscolo stato nascosto tra le pendici himalayane a nord del Darjeeling. Le sue cime ricoperte di ghiaccio segnano il confine con il Tibet, il Bhutan e il Nepal dove, il Kangchenjunga, la terza montagna più alta del mondo, qui sfiora gli 8.586 metri. Questa terra incantevole si distingue per la sua biodiversità che comprende climi alpini e subtropicali.
Temi, questo è il suo nome, è l’unica grande piantagione di tè e la incontriamo nella parte più meridionale di questo stato. È stata fondata nel 1969 dal governo per dare lavoro a circa 600 famiglie. A quasi 2.000 metri di altitudine, lungo i fianchi di pendii dolci e in vallate boscose a cui fanno da cornice le imponenti cime innevate himalayane, sono state trapiantate con successo le piantine originarie del Darjeeling. Dal 2008 il giardino è completamente biologico e, dalla fine di marzo fino a ottobre, produce tè neri orthodox simili ai migliori Darjeeling.
I raccolti primaverili, detti First Flush, hanno un profilo aromatico molto fragrante e complesso: si spazia dalle note floreali all’erba fresca appena tagliata, dagli agrumi alle mandorle, per concludere con la vaniglia e il mango. I Second Flush, ovvero i raccolti estivi, sono più rotondi con calde note di uve mature e di rosa. Gli ultimi raccolti, gli Autumn Flush, sono invece dolci, privi di astringenza con avvolgenti note legnose, di zucchero di canna e di confettura.
Su richiesta, vengono lavorati anche i tè bianchi e in stile wulong. Tutti i raccolti e le tipologie sono una vera delizia per i palati più esigenti.
MEGHALAYA
La più bella delle “Seven Sisters of India”
Gli Stati del nord-est sono chiamati le “sette sorelle” per la loro interdipendenza e le caratteristiche geografiche: Arunachal Pradesh, Assam, Meghalaya, Manipur, Mizoram, Nagaland e Tripura hanno dato origine a questa denominazione. In tutti questi territori si coltiva tè, con notevoli differenze in termini di qualità e di resa del raccolto. Dell’Assam ne abbiamo già ampiamente parlato e, tra le restanti “sorelle”, Meghalaya occupa un posto speciale nel mio cuore, in particolare il giardino Lakyrsiew.
Questo stato ricco di colline, laghi, cascate e popolato da antiche tribù, note per i loro spettacolari vestiti colorati e per le danze, è soprannominato il “regno delle nuvole”. Probabilmente perché la capitale Shillong, che gode di un clima mite, dista solo 58 km da Cherrapunji, famosa per essere la località più piovosa del mondo.
Autonoma e separata dall’Assam dal 1972, Meghalaya sta vivendo un recente, ma interessante, sviluppo come terra destinata alla produzione del tè.
Sebbene questa regione subtropicale fosse raccomandata già all’inizio del XIX secolo dalla Compagnia delle Indie come area particolarmente adatta alla coltivazione del tè, questa non si sviluppò fino al 1974, quando il Tea Board of India ne riconobbe il potenziale. Gli esperti, dopo un’approfondita fase sperimentale, decisero di piantare le varietà assamiche nelle pianure più basse e piatte che confinano con l’Assam e di coltivare le varietà sinensis del Darjeeling sulle colline più elevate, ad altitudini comprese tra i 900 e 1.600 metri.
Alcuni produttori di Meghalaya stanno guadagnando terreno per la qualità dei loro tè. Tra questi, troviamo alcune aziende statali, piccole proprietà private e piantagioni organizzate come cooperative. Questo terroir, davvero unico, ha tutte le caratteristiche per essere vincente:
- la maggior parte dei tè viene coltivata al di sopra dei 1.000 metri sul livello del mare;
- le piantagioni sono immerse in aree vergini e incontaminate;
- i piccoli produttori ancora utilizzano metodi tradizionali di agricoltura, di raccolta e di produzione;
- i laboratori per la lavorazione sorgono a breve distanza dai giardini e questo è un grande vantaggio. Infatti, la sfida principale che devono affrontare le grandi piantagioni è il lungo intervallo di tempo che intercorre dal momento della raccolta all’inizio della lavorazione. Le foglie di tè iniziano ad ossidarsi, andando a degradare la qualità complessiva del raccolto.
Ma quale sapore hanno i tè di Meghalaya? Quello dei migliori Darjeeling per le intense note floreali (di rosa) che caratterizzano i tè che crescono in quota e, per quelli prodotti a fondo valle, di caramello, cioccolato e malto.
IN CONCLUSIONE…
Altre zone di produzione come Kangra, Dooars, Bihar, Nilgiri meriterebbero un approfondimento, ma lo rimando al mio prossimo viaggio in India per portarvi la mia esperienza diretta, fatta di nuovi incontri e numerosi assaggi.
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