Le uve nere e i loro vini: in viaggio lungo lo stivale
Un percorso alla scoperta di alcuni vitigni a bacca rossa raccontati attraverso le nostre cantine.
Secondo una delle più complete raccolte delle uve destinate alla vinificazione, esistono più di 1300 varietà differenti: alcune di queste contribuiscono ad arricchire la biodiversità che offre l’Italia. Tra vitigni autoctoni, cloni e varietà internazionali che hanno trovato terreni adatti al proprio sviluppo, vogliamo portarvi a conoscere alcune di quelle caratterizzate dalla bacca rossa e che, quindi, danno origine a complessi e differenti vini da affinamento.
Accompagnati da alcune cantine, scopriremo il meraviglioso mondo dei vitigni a bacca nera, come più correttamente si dovrebbero definire.
VINI E VITIGNI
I vitigni che per denominazione ampelografica si definiscono “a bacca nera” sono caratterizzati da una tinta scura delle bucce degli acini, che si ritroverà nella maggior parte dei vini che con queste uve vengono prodotti. Questi, infatti, saranno di colore rosso o rosato. La principale causa del colore bruno di queste uve sono gli antociani (dei polifenoli), responsabili anche dell’astringenza degli acini.
Delle molteplici varietà di vite presenti in Italia, circa 300 sono a bacca nera: alcuni di questi hanno reso la nostra nazione famosa in tutto il mondo per i suoi vini, altri invece sono stati solo recentemente riscoperti da alcune cantine attente alla specificità territoriale. Le viti cercano il sole, bramano la pioggia e vivono nel vento che le attraversa con il passare lento delle stagioni: è interessante scoprire, anno dopo anno, quanto ogni varietà diventi unica e irripetibile, esalti le proprie caratteristiche e doni unicità alle bottiglie.
UNA STORIA MILLENARIA
L’anima degli abitanti di montagna sembra talvolta indurita dalle difficoltà a cui questo tipo di territorio li sottopone, ma la capacità di creare, la forza e la resilienza li rende abili a far fiorire la vita laddove sembrerebbe impossibile trovarla. Ed è così che, seguendo una storia non meno che millenaria, gli abitanti della Valtellina, all’estremo nord della Lombardia, hanno saputo creare vigneti sorretti da terrazzamenti e muretti in pietra, a seguire il declivio montano. Sulle pendenze di questa valle già dall’epoca carolingia ha trovato il suo habitat naturale un vitigno da cui oggi si producono grandi vini della DOCG Valtellina Superiore: lo Sforzato, l’Inferno, il Sassella, il Valgella e il Grumello. Nata da una viticoltura ecclesiastica, che gestiva sia la produzione sia la commercializzazione, la Chiavennasca geneticamente si identifica come un clone del Nebbiolo, da cui si è ormai distaccato per unicità dovute al forte isolamento geografico e alla selezione fatta dai produttori.
Il Nebbiolo è il vitigno a bacca nera più pregiato tra gli italiani e la variante valtellinese si discosta dalle uve piemontesi soprattutto per il terroir da cui proviene: i vini che si producono sono più duri, netti, ma al tempo stesso delicati e minerali. Manca la nota “terrosa” tipica dei piemontesi. Il bouquet è vario e profumato: come scopriamo attraverso le bottiglie della cantina Villa Walter Fontana questo vitigno può regalare sentori di frutta a polpa rossa, di confettura e di violette e fiori, ma non mancano sentori che richiamano il sottobosco e i profumi autunnali.
Dall’amore per queste terre e dalla passione per il vino, questa cantina ha saputo portare avanti un lavoro di riscoperta della biodiversità valligiana e delle grandi potenzialità di questo vitigno, la cui forza sta nelle innumerevoli possibilità di abbinamento con il cibo.
CORVINA, LA TRASFORMAZIONE LEGGENDARIA
Spostandoci in Veneto, diventa inevitabile raccontare il vitigno a bacca nera d’eccellenza di questa regione, capostipite dei vitigni a bacca nera della Valpolicella. Base di vini che ogni enofilo proverà almeno una volta nella propria vita, quali l’Amarone della Valpolicella DOCG e il Recioto della Valpolicella DOCG, la Corvina è un’uva con un grappolo allungato e piramidale, piuttosto fitto e con una sola ala, spesso lunga.
Quest’uva è stata selezionata anche dalla cantina Scuderia Italia per produrre l’Amarone e il Valpolicella Ripasso Superiore: una realtà nata con lo scopo di far collaborare “enologi esperti e produttori per raccogliere sotto un unico marchio dei gioielli per il palato che solo l’Italia può vantare” non poteva non valorizzare anche questo vitigno. I vini che si ottengono da vinificazione tradizionale hanno un colore rosso rubino intenso, con profumi dominati da note fruttate, mentre con l’invecchiamento, presenta interessanti sfumature speziate.
Mentre secondo alcuni esperti quest’uva deve il suo nome al dialetto veneto e alla parola “crua” (“cruda”, quindi “acerba”) a causa della sua maturazione tardiva, la maggior parte delle fonti lega la denominazione al colore dell’acino maturo, che ricorda le piume di corvo. Proprio a questo animale è legata la leggenda tramandata su questo vitigno.
Narrano che la Valpolicella abbondasse di vitigni a bacca bianca, ma le uve erano apprezzate dai corvi che attaccavano i vigneti per poterle mangiare. Un giorno un corvo, volando per afferrare un grappolo d’uva, si ferì ad un’ala e fu curato da un contadino amorevole. In segno di gratitudine il corvo convertì parte dell’uva bianca della zona in una versione a bacca nera, del colore delle sue piume. Da questo episodio leggendario, la cui memoria si perde nel tempo, nacque il vitigno Corvina.
MEMORIE DI INFANZIA FRIULANA
Parlando di vitigni amiamo ricordare che alcuni sono davvero specchio dell’unicità del territorio, sono la naturale creazione di una determinata area geografica. Alcuni vitigni autoctoni raccolgono in sé tradizione, terroir e storia e per questo diventano portatori di memoria. Sono ricordo di “infanzia trascorsa a casa dei nonni, di carne alla brace e di una tavola imbandita di buone cose d’un tempo”, l’imbottigliamento di un sapore che parla di famiglia e di radicamento al territorio. Questo è per la cantina Aquila del Torre il Refosco dal peduncolo rosso, non solo vitigno indigeno del Friuli-Venezia Giulia, ma anche frutto della memoria.
Questa particolare uva deve il suo nome al colore del peduncolo appunto, la base del raspo. Anche in questo caso le origini di questo vigneto si perdono nella notte dei tempi: pare che già il grande autore romano Plinio il Vecchio, prima di scomparire nella più importante catastrofe naturale che colpì il mondo romano, avesse citato nei sui scritti l’eccellenza di questo vitigno.
Oggi il Refosco dal peduncolo rosso è presente nelle DOC Colli Orientali del Friuli, Friuli Grave, Friuli Aquileia, Friuli Latisana e nella porzione veneta della Lison Pramaggiore DOC.
Il vino che si ottiene dal Refosco dal Peduncolo Rosso è piuttosto tannico, fruttato, sapido, ed al tempo stesso anche acido; come lo definisce Aquila del Torre, è un vino “introverso all’inizio, si apre poi dimostrando appieno il frutto e il suo cuore generoso”. E’ un vino che richiede tempo per essere apprezzato, spigoloso e peculiare, come la sua uva e come i friulani, duri dal cuore buono.
INDOVINA CHI?
E’ il vitigno a bacca nera più coltivato in Italia, con una superficie vitata pari all’11% di tutto il territorio italiano ed è il più diffuso in Toscana. Proprio in questa regione, con vigneti che lambiscono la zona del Chianti Classico e riescono anche a godere delle brezze tirreniche si trova Casa Sola ossessionata dalla ricerca della qualità e dal rispetto rigoroso per l’ambiente. Qui la produzione di molti vini trova la sua base e ragione d’essere in queste uve, tanto note quanto eccellenti.
Di cosa stiamo parlando? Beh, senza dubbio, di Sangiovese, l’uva di San Giovanni …o di Giove. Eh sì, perché in nome di questo vitigno ha molte tradizioni a cui appellarsi: chi afferma che derivi da sangiovannese (ossia originario di San Giovanni Valdarno) chi da sanguegiovese (“sangue di Giove”), in riferimento al Monte Giove, vicino a Santarcangelo di Romagna.
Vitigno che raccoglie in sé molte differenti varietà, la cui origine si fa risalire alla cultura etrusca, il Sangiovese partecipa alla composizione di così tanti vini che pare difficile definirlo in modo univoco. Genericamente, i vini che vi si producono hanno una spiccata acidità e un alto contenuto di tannini, un colore rosso rubino e un corpo medio.
Anche Casa Sola, forte sostenitrice che un grande vino nasce in vigna, lavora con uve Sangiovese, cercando di esaltarne le qualità. L’autenticità dei vini si ottiene attraverso un profondo rispetto delle tradizioni e l’esperienza di generazioni che hanno saputo scegliere terreni collinari e raccolte tardive, proprie di questo vigneto
L’AUTOCTONO NATO SULLE PENDICI DELL’ETNA
Parlando di vini e vigneti, come non fare una tappa nella meravigliosa Sicilia? Origine di varietà autoctone, terra di prodotti unici e peculiari, quest’isola ha una collocazione geografica e un microclima che creano condizioni irripetibili per alcuni vigneti.
Sulle pendici dell’Etna nasce un vitigno raro e che deve il suo nome al fatto che storicamente veniva (e viene) coltivato nella Contea di Mascali. Il Nerello Mascalese è un vitigno con cui si producono in genere rossi di qualità, adatti all’affinamento e con gradazione alcolica piuttosto elevata. E’ particolarmente sensibile all’annata e al territorio di coltivazione: la vendemmia tardiva gli permette di maturare raccogliendo tutte le variazioni climatiche che ogni annata riversa sulla vigna.
Proprio di Niuriddu mascalisi è costituito il Fermata 125 rosso (Etna Rosso DOC), della cantina Baglio di Pianetto, vino dal bouquet di piccoli frutti rossi, macchia mediterranea e con sfumature di ciliegia e fragoline di bosco. Questa bottiglia racchiude le migliori caratteristiche che il vigneto esprime: la cura minuziosa di questa materia prima d’eccellenza e il rispetto della natura, rendono questo vino espressione genuina ed autentica della terra di Sicilia.
Ogni uva racconta una storia, ogni vigneto racchiude potenza della natura e sapiente selezione, frutto dell’esperienza di generazioni di vignaioli. Scoprire le differenze, le peculiarità e le caratteristiche di ogni vigneto rende capaci di valorizzare e apprezzare i vini che da queste uve sono prodotti.
Una bottiglia non accompagna solo un pasto, non è solo un prodotto agroalimentare: è il racconto di un viaggio nella storia.
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