Denominazione nel bicchiere
Partiamo con quella che potrebbe sembrare un’ovvietà, ma come dicevano i latini “repetita iuvant” (le cose ripetute aiutano) e quindi, sappiamo tutti cosa sono DOC e DOCG?
Partiamo con quella che potrebbe sembrare un’ovvietà, ma come dicevano i latini “repetita iuvant” (le cose ripetute aiutano) e quindi, sappiamo tutti cosa sono DOC e DOCG?
Le Denominazioni di Origine Controllata – DOC – sono usate per indicare e certificare un vino di qualità le cui peculiarità sono definite dalle caratteristiche uniche del territorio, della zona di produzione, del vitigno e dallo specifico metodo di produzione.
Le DOCG, Denominazioni di Origine Controllata e Garantita sono date a vini già riconosciuti a come DOC da almeno dieci anni e che siano ritenuti particolarmente pregiati. Solo i vini che superano specifiche analisi chimico-fisiche ed organolettiche, atte a stabilire che il vino rispetti i requisiti previsti dal disciplinare divengono DOCG.
Il riconoscimento di DOC è spesso attribuito a vini prodotti in zone di piccole o medie dimensioni: vi sono denominazioni molto conosciute e che rispecchiano un’ampia produzione di bottiglie ed altre che, invece, riguardano nicchie di rarità ed eccellenze che spesso non conosciamo.
Sui circa 341 vini DOC e 78 vini DOCG attualmente classificati in Italia, infatti, pochi sono noti agli appassionati: ne abbiamo provate alcune che sicuramente vi stupiranno!
IL VINO DI GARIBALDI CHE PIACEVA AGLI INGLESI
Il vino Marsala DOC è un vino liquoroso prodotto in Sicilia, precisamente a Marsala, da cui trae il nome. La denominazione di origine controllata deve essere integrata in base alle caratteristiche del prodotto (“Fine”, “Superiore”, “Superiore Riserva”, “Vergine”, “Vergine Riserva” e “Vergine Stravecchio”). La zona di produzione delle uve destinate ai vini liquorosi Marsala comprende il territorio trapanese, escluse Pantelleria, Favignana ed Alcamo. Solo il lavoro dell’uomo negli anni ha reso unica questa area produttiva, già naturalmente vocata alla produzione vitivinicola.
Questa predisposizione naturale è ciò che ha saputo sfruttare la cantina Caruso & Minini nata da un’ambiziosa scommessa, che ha unito la tradizione agricola della famiglia siciliana Caruso e la competenza nelle vendite dei Minini, di Brescia. Nei meravigliosi ettari situati su un gruppo di colline a est di Marsala coltivano sia vitigni autoctoni quali Grillo, Catarratto, Grecanico, Inzolia, Zibibbo, Nero d’Avola, Frappato e Perricone sia vitigni internazionali. Sono proprio alcuni tra i primi a creare il blend che compone il Marsala Superiore Riserva, nato da uve Grillo e Cataratto, due dei cinque vitigni concessi dal disciplinare .
Il periodo di affinamento previsto per questa DOC è piuttosto lungo: si passa da un minimo di 1 anno per i Marsala “Fine” ad oltre 5 anni per le versioni “Riserva”, come questa bottiglia il cui vino riposa oltre un lustro in piccoli fusti di rovere o ciliegia, per poi invecchiare ancora per almeno 3 mesi in bottiglia.
Poche sono le ulteriori indicazioni date dal disciplinare di produzione, che però sono molto attente alla definizione del colore (oro, ambra, rubino) e al contenuto zuccherino, da indicare in etichetta.
Caruso e Minini con questa bottiglia racconta che produrre vino a Marsala “impone un grande rispetto per una tradizione ormai bicentenaria per dare sostanza alla storia che si ostina a non diventare leggenda. Questo Marsala è il frutto migliore della nostra terra ed è una perpetua scoperta rigorosamente riservata a coloro che cedono volentieri all’emozione di incontrare un grande Vino”. Sorseggiare un bicchiere di Marsala riserva è un piacere seducente, mai troppo stucchevole, perfetto per un carattere #Affettuoso.
I produttori consigliano di lasciarsi guidare dal vino stesso per decidere quando e perché degustarlo: sicuramene è perfetto per accompagnare dolci alla ricotta, sfogliatine, cannoli siciliani o tartellette alla confettura di frutta, ma vi stupirebbe provarlo in accompagnamento ad un tagliere di formaggi molto stagionati. Un deciso contrasto tra dolcezza e un corpo sciropposo a bilanciare la sapidità e la burrosità di alcuni stagionati a latte vaccino. Per stupire ancora di più il vostro palato, lo assaggeremmo come antipasto, con tartellette cremose al foie gras, con funghi sottolio o un cremoso paté di legumi.
LA PASSIONE DEL VULTURE IN BOTTIGLIA
A Barile, tra due colate laviche del Monte Vulture, c’è una terra che ospita sulle sue pendici un’azienda che produce il vino simbolo della sua regione, l’Aglianico del Vulture DOC, uno dei più importanti rossi d’Italia. Questa denominazione si riferisce ad vino ottenuto esclusivamente da uve Aglianico, coltivate appunto attorno al Monte Vulture, vulcano estinto che domina il paesaggio della Basilicata settentrionale. DOC storica, nata nel maggio 1971, definisce un vino corposo, tannico e complesso, a lungo soprannominato il “Barolo del Sud”. Dal 2010 la variante “superiore” del vino è passata ad Aglianico del Vulture Superiore DOCG. L’Aglianico del Vulture DOC nasce in luogo in cui la forte escursione termica durante la notte dona beneficio ai grappoli, ad acino piccolo, per concentrare al meglio tutte le sostanze coloranti e aromatiche che determineranno la qualità del vino. La cantina Quarta Generazione si dedica a questo vitigno seguendo le direttive del disciplinare di produzione, che vuole un invecchiamento di almeno un anno (due anni per le riserve): 12 mesi in legno con bâtonnage per la loro bottiglia.
Perfetta scelta per un carattere #Saggio, l’Aglianico del Vulture DOC Quarta Generazione è ricco di corpo, dal colore rubino intenso e carico di sapore: frutto di una maturazione prolungata delle uve e di un peculiare equilibrio di acidi, zuccheri e tannini. Se consumato giovane, questo vino è caratterizzato da alta tannicità e aromi di frutta matura; con l’invecchiamento, invece, prevalgono note di sottobosco, di spezie e cacao in un bicchiere particolarmente armonioso ed elegante.
Il Monte Vulture, con i suoi terreni drenanti e vulcanici, possiede caratteristiche così peculiari da rendere fondamentale la determinazione di precisi limiti per l’altitudine dei vigneti, fissati dal disciplinare in un intervallo tra i 200 e i 700 m slm. Quarta Generazione, nel totale rispetto del territorio, cerca di custodirne le tradizioni ed esaltare le qualità migliori di questo vigneto del tutto lucano.
PANI, CASU E BINU A RASU
Gli isolani sardi con questo modo di dire identificano i perfetti componenti di una merenda tradizionale e genuina: pane, formaggio e un bicchiere colmo di vino. Già, ma quale vino?
Avete mai sentito parlare del Malvasia di Cagliari DOC? Diffusa su un’area molto vasta (che include tutta la provincia di Cagliare e gran parte della provincia di Oristano) può essere vinificato a partire da uve che siano composte per almeno l’85% da Malvasia, Monica, Moscato o Vermentino. Questo perché a partire dal 2011 è nata la Cagliari DOC, ad unire le precedenti denominazioni Malvasia di Cagliari DOC, Moscato di Cagliari DOC e Monica di Cagliari DOC.
Malvasia è un nome attribuito a diversi vitigni presenti lungo tutta la nostra penisola e in Francia; per la produzione della Cagliari DOC, però, l’uva da utilizzare è proprio la Malvasia di Sardegna.
Il Malvasia di Cagliari può essere vinificato secondo varie tipologie: come vino secco (dry) oppure dolce dona un bicchiere dal colore paglierino-dorato con un naso intenso e delicato. Nella versione liquorosa, fino alla riserva (affinata in botte per un minimo di 2 anni), è molto più persistente per aromi e profumi, connotati da note fruttate e di miele.
L’unicità territoriale dell’isola ha reso molto differenti i vini prodotti con questo stesso vigneto: l’eccezionalità di ogni bottiglia quindi sarà la cifra che caratterizza ogni degustazione. Nella parte meridionale del Campidano, a venti chilometri da Cagliari, sorge un’area immersa nel verde, da sempre vocata al lavoro della terra e in special modo all’enologia. Qui la famiglia di Audarya produce un vino estremamente aromatico, caratterizzato da profumi di fiori delicati e di pera.
Vino dal carattere #Intenso, è perfetto per accompagnare taglieri di formaggio (come dicevamo, casu, no?) e primi a base di pesce e bottarga: vi regalerà un sorso sapido e aromatico, perfettamente equilibrato.
La Malvasia di Cagliari Estissa di Audarya conserva la mineralità che riporta la memoria al panorama con cui potrete riempirvi gli occhi e il cuore, se andrete a far visita alla cantina.
IL “VINO GRECO”…NEL CUORE DEL PIEMONTE
Il vino Erbaluce di Caluso o Caluso passito riserva DOCG è una delle diciannove DOCG della regione piemontese, prodotto esclusivamente con uva Erbaluce. Perfetto come vino per accompagnare dessert, biscotti al burro e pasticcini alla frutta, questo vino esprime al meglio le sue potenzialità in accompagnamento a formaggi affinati ed erborinati. La riserva, poi, è perfetta per gli amanti dei vini morbidi e pastosi, che avvolgono il palato: un carattere #Affettuoso non potrà che amare l’Erbaluce di Caluso Passito Riserva DOCG “Venanzia” prodotto dalla cantina La Masera.
Nata dal sogno di cinque amici, La Masera rappresenta il desiderio di produrre vino di qualità, autentico, coniugando la sapienza degli antenati con le migliorie messe a disposizione tecnologia odierna. Il loro Erbaluce così nasce dall’anima, ma anche da un terroir unico attraverso un’interpretazione semplice e ricca di passione. Vinificato a Piverone, uno dei 37 comuni situati tra Ivrea e Caluso in cui il disciplinare prevede la produzione, questo vino dorato e dai riflessi ambrati stupisce per il bouquet di profumi ampio e di grande complessità: sentori di frutta sciroppata, frutta secca e sfumature tostate.
Il vitigno Erbaluce nel tempo si è particolarmente adattato al terreno sabbioso e ciottoloso delle colline canavesane, la cui buona acidità lascia nel vino una delicata freschezza: è bene servirlo fresco per gustarlo al meglio. Sulle pendici di queste colline sorgono i vigneti de La Masera da cui si può godere di un panorama sorprendente, dominato dal lago di Viverone (che influenza anche le fasi della vendemmia): concedetevi una degustazione in cantina, una visita a queste zone di produzione vi riserverà piacevoli sorprese nello scoprire territori naturali incontaminati.
Primo bianco piemontese ad ottenere la DOC, L’Erbaluce di Caluso può essere vinificato come bianco fermo, spumante o passito. E’ proprio quest’ultima variante che maggiormente lo avvicina a quel cosiddetto “vino greco” dolce, piuttosto alcolico e fortemente aromatico che si tramanda esser stato richiesto nella regione ai piedi delle Alpi già intorno all’anno Mille. Per tale ragione, i vignaioli piemontesi iniziarono a coltivare alcuni vitigni “greci”, tra i quali proprio l’Erbaluce.
Tra queste eccellenze italiane sicuramente avrete l’imbarazzo della scelta, quale di queste sarà la prima che proverete? Se avete dubbi, provate a farvi guidare dal nostro test del gusto, un valido consigliere!
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