I 5 fattori che cambiano il contenuto di caffeina nel caffè
La caffeina è un po’ più complessa rispetto alla “tazzina che ci tiene svegli” e complesse sono le interazioni con cui effettivamente la assumiamo. Scopriamo insieme quali sono i fattori che la influenzano.
Partiamo da un grande nostro comune amico, Wikipedia:
“La 1,3,7-trimetilxantina, nome IUPAC 1,3,7-trimethylpurine-2,6-dione, meglio nota come caffeina o teina, è un alcaloide naturale presente nelle piante di caffè, cacao, tè, cola, guaranà e mate e nelle bevande da esse ottenute. Viene a volte citata con i suoi sinonimi guaranina e mateina, chimicamente identificabili nella stessa molecola.”
Insomma, la caffeina è un po’ più complessa rispetto alla “tazzina che ci tiene svegli” e complesse sono le interazioni con cui effettivamente la assumiamo.
Anche parlando solo di caffè, sono molte le fasi di lavorazione in cui possiamo diminuire (o mantenere stabile, mai aumentare) la quantità di caffeina presente nella singola pianta di caffè (pianta, la caffeina non è solo nei chicchi) che effettivamente assumiamo. Ma proviamo a capirci un po’ di più…
1) LA SPECIE BOTANICA DI CAFFÈ UTILIZZATA
Chiedetelo anche nei peggiori bar di Caracas, vi diranno che un caffè al bar è composto da due specie botaniche: l’Arabica e la Robusta (o Canephora).
I più raccomandabili baristi di Caracas (ma anche di Viterbo o di Treviso) vi diranno che, in media, la Canephora contiene una quantità doppia di caffeina rispetto all’Arabica. Questo spiega perché i caffè con miscele della prima tipologia, hanno un quantitativo di caffeina ben più alto rispetto a miscele 100% Arabica. Per metterlo sullo scientifico, possiamo dire che l’1-2% del peso del chicco di Arabica è caffeina, e ben il 2-4% per la Robusta.
Se poi si scende a livello non di specie, ma di varietà (e qui nei bar di Caracas è buio pesto), possiamo dire che alcune varietà botaniche di Arabica hanno un bassissimo contenuto di caffeina: la Laurina, ad esempio, arriva allo 0,4%, mentre una specie rarissima recentemente scoperta in Madagascar e poco reperibile in commercio, la Coffea Charreriana, non contiene caffeina.
2) CON IL CAFFÈ DI MONTAGNA LA CAFFEINA NON CI GUADAGNA
Strano a dirsi, ma un altro fattore che influenza il livello di caffeina nel chicco è la quota in cui viene coltivato. La caffeina è di per sé un veleno che la pianta sviluppa per difendersi dagli insetti e dalle varie “diseases” che la colpiscono: più questa sarà in alta quota, minore saranno i rischi di muffe e parassiti. In questo modo, la pianta non avrà bisogno di difendersi e avrà un contenuto di caffeina più basso.
Insomma, in montagna siamo tutti più buoni.
3) LA TOSTATURA AUMENTA O DIMINUISCE LA CAFFEINA?
Il prossimo passaggio nella stressante vita di un chicco di caffè è la tostatura. Ma quanto ne influenza il contenuto di caffeina?
Poco, se non in minima parte. Rispetto al peso finale del chicco la percentuale di caffeina sarà aumentata rispetto all’inizio, ma solo perché, con l’evaporazione, è diminuito il peso complessivo del chicco stesso.
Stranamente, se il caffè viene tostato scurissimo, la fase finale della tostatura si svolgerà all’interno di un fenomeno chiamato “pirolisi” il cui il caffè comincia a “bruciare se stesso” in questa fase abbiamo una piccola diminuzione del contenuto di caffeina, ma il cliente percepirà la tazzina di espresso “super tostato” come più amaro e corposo, quindi come “più forte”!
4) MOKA, ESPRESSO, FILTRO E CAFFEINA!
Siamo arrivati (finalmente, oseremmo dire, in quanto leggere senza degustare ci fa venire sonno…) a farci un bel caffè, ma il metodo che scegliamo per la sua preparazione influisce sulla caffeina che assumiamo?
Partiamo dall’idea che la percentuale di caffeina disciolta dipende dal:
- tempo di contatto fra l’acqua (solvente) e il caffè (soluto);
- rapporto fra quantità di acqua e quantità di caffè.
Facile capire come più caffè abbiamo usato e più lungo sarà il tempo di contatto e più caffeina avremo in tazza
Se, ad esempio, per il nostro Espresso utilizziamo otto grammi, mentre per una tazza di caffè filtro utilizziamo 12/15 grammi, ovviamente quella tazza di caffè filtro avrà una quantità di caffeina più alta rispetto all’Espresso, ma la quantità di caffeina varierà anche se la preparazione in filtro è stata fatta usando una french press (tempo di contatto potenzialmente più lungo) o una V60 (più corto). A complicare poi ancora di più le cose ci penserà la temperatura dell’acqua, più sarà alta, più estrarrà. Vi sembra complesso? Ma va! Provate del resto a fare un tè con l’acqua fredda…
5) MA SI SENTE LA CAFFEINA NEL CAFFÈ?
Abbiamo detto che un caffè che noi percepiamo “forte” è solamente tostato molto scuro, per esaltarne l’amaro e il corpo. Insomma, se fosse decaffeinato, non lo percepiremmo nemmeno!
Si può quindi sentire l’aroma della caffeina in una tazzina di espresso? Di fatto no, le percentuali sono minime, e solo un assaggiatore esperto può discernere fra un decaffeinato e non, assaggiando lo stesso caffè, estratto nello stesso modo e per pura comparazione. In questo caso, nel decaffeinato percepiremo un’acidità appena maggiore.
Difficile capirlo quindi, anche se in realtà, la caffeina in purezza è molto caratteristica. Infatti, è amarissima, tanto da essere usata nei corsi di assaggio per far capire cosa si intende per “amaro assoluto”. Con parsimonia però, ricordiamoci che è un veleno, e quattro grammi di caffeina uccidono!
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